martedì 24 marzo 2009

- Abolizione della segretezza del voto affinchè per ogni eletto vi sia una lista nominativa trasparente di tutti i suoi elettori con la possibilità da parte di costoro di revocare il mandato in qualsiasi momento qualora la maggioranza degli stessi giudichino negativamente il comportamento del loro delegato
Il suffragio universale è stato sempre considerato il punto di arrivo di una democrazia compiuta e la possibilità di poter esprimere con il loro voto preferenze per delegati ad incarichi istituzionali da parte di donne e uomini, senza distinzione di ogni sorta, è stata la lotta primaria caratteristica dello scorso secolo.
In un programma che guarda al futuro, alcune remore o principi basilari ed in particolare la segretezza del voto, sono stati considerati elementi inderogabili per indicare la garanzia di parità fra tutti i cittadini.
Nel mondo attuale, sofisticato e sempre più trasparente grazie ai media di massa, la segretezza del voto non ha più la finalità originaria: il timore che le persone di minima cultura o i meno abbienti, potrebbero essere condizionati da altri in grado di poterli manovrare e soggiogare.
Nella società immaginata nel nostro programma sia attraverso il contributo di cittadinanza e una base di livello culturale medio alto garantito a tutti e attraverso la trasparenza e l’introduzione del reato di “nemico del popolo”, l’elemento della segretezza del voto è da considerare un residuo del passato.
Per tanto tempo abbiamo assistito a persone che con il voto hanno ottenuto alti incarichi ma che hanno disatteso le deleghe, privilegiando i loro interessi e considerando il loro mandato specchio di potere da sfruttare al massimo lungo la durata della legislatura.
Un discorso innovativo che suggeriamo è quello di eliminare il voto segreto e considerare il mandato quale indicazione nominale di un vasto numero di cittadini che , singolarmente e in modo individuabile, delegano a tempo il loro rappresentante ad essere portatore dei loro desiderata.
Qualora questo mandato fiduciario dovesse venir meno, anche durante la legislatura, la maggioranza degli elettori può far decadere la delega e sostituire lo sfiduciato con un nuovo rappresentante.
Questa impostazione annulla un sistema consolidato ma, come più volte abbiamo affermato, bisogna aver il coraggio, nel rispetto dei principi generali, di rinnovare di tanto in tanto, le modalità e i contenuti adeguandoli alla velocità delle moderne mutazioni.

-Ad ogni eletto è riconosciuto un indennizzo pari a circa tre volte quello attualmente percepito ma, alla scadenza o revoca del mandato, nulla è dovuto come bonus, liquidazioni e pensioni;
Il riconoscimento di un indennizzo tre volte maggiore di quello attualmente percepito dai parlamentari, è solo una esemplificazione.
Potremmo indicare infatti, la maggiorazione di due o quattro volte in più l’entità della gratificazione economica ma non cambierebbe la motivazione alla base della nostra proposta.
Il parlamentare che sa di poter essere revocato in qualsiasi momento da parte dei suoi elettori, è obbligato ad impegnarsi giornalmente per svolgere il proprio mandato nella maniera più efficiente e rappresentativa degli interessi di coloro che lo hanno delegato.
L’importo del premium, anche molto elevato, è compensato dal maggior impegno e dal fatto che sia l’unico emolumento omnicomprensivo a fronte della attività svolta senza che vi siano bonus, liquidazioni, pensioni e quant’altro, al momento della cessazione dell’incarico.
Il cittadino consapevole, sarà così ben felice di constatare che la retribuzione corrisposta a colui al quale ha affidato il mandato, se ha ben operato, è ben meritata.

- Suddivisione dei compiti tra le due Camere: il Parlamento è l'unico a svolgere la funzione legislativa e il Senato (formato da senatori eletti, senatori a vita e Governatori regionali) deve svolgere funzione di controllo, verifica ed eventuale modifica dell'operato del Parlamento;solo fra i membri del Senato vengono scelti coloro che possono comporre le speciali commissioni di inchiesta;
La Costituzione Italiana prevede due Camere elettive, la Camera dei Deputati e la Camera dei Senatori con funzioni pressocchè analoghe. Qualsiasi legge, prima di essere promulgata, può essere soggetta a modifiche e rimandi da parte di entrambi i rami del Parlamento prima di giungere ad una sua definitiva stesura.
L’esperienza delle altre democrazie europee e non e la normale evoluzione delle istituzioni politiche, hanno reso il nostro sistema bicamerale decisamente non in linea con la rapidità richiesta dai tempi in cui viviamo e rallenta l’azione del Governo.
Le modalità delle modifiche apportate nel programma, riguardano esclusivamente una suddivisione essenziale con una Camera dei Deputati con funzioni legislative ed un Senato composto da elementi eletti su criterio regionale, di senatori a vita e con l’inserimento di diritto dei Presidenti di Regione della legislatura corrente.
La funzione del Senato non sarà solo rappresentativa alla stregua della Camera dei Lord inglese ma avrà il compito di modifica, controllo e verifica dell’operato delle proposte legislative che partono esclusivamente dall’altro ramo del Parlamento.
Le speciali commissioni di inchiesta che dovrebbero essere più numerose di quelle attuali ed avere una funzione di approfondimento e chiarimento su situazioni controverse devono essere affidate esclusivamente a senatori.
Con questa suddivisione di funzioni, i lavori parlamentari si snellirebbero e i due rami, senza sovrapporsi, avrebbero specifici compiti.
Il numero dei deputati e dei senatori dovrebbe essere ridotto a circa la metà di quello attuale in linea con quanto avviene in altre democrazie parlamentari.

- Hanno diritto al voto i cittadini di età compresa tra 21 e 75 anni senza deroga: i cittadini di età inferiore ai 21 anni e superiore ai 75, hanno però pieno diritto di eleggibilità alle cariche istituzionali, fermo restando che la maggiore età e i diritti ad essa collegati resta fissata al diciottesimo anno. I limiti del diritto al voto tengono conto per la prima fascia dei 21 anni della caratteristica della ancora immatura coscienza critica mentre, i limiti al voto per gli ultrasettantacinquenni, del peso e del forte condizionamento della memoria storica individuale a fronte della creatività e dell'innovazione.
Nell’elaborazione del programma, una delle tante innovazioni inserite è stata quella riguardante l’età dei cittadini aventi diritto al voto. L’innovazione che alza a 21 anni minimo e 75 anni massimo l’età per esercitare il diritto, è stata contestata e in altri casi considerata incompatibile con i diritti fondamentali della persona.
Intanto precisiamo che i limiti posti alla minore età non sono una indicazione assoluta ma una constatazione riferita ai nostri tempi ed al tipo di preparazione scolastica e culturale in generale che da più di un secolo è impartita; quelli riferiti alla età massima, dei settantacinque anni, hanno come criterio alla base l’allungamento temporale dei tempi di vita biologica e implicazioni strettamente pratiche.
La limitazione non lede il diritto della persona ad essere partecipe o protagonista della vita dello Stato del quale fa parte: infatti viene confermata al diciottesimo anno la maggiore età con tutti i diritti previsti compreso quello della eleggibilità alle cariche istituzionali. Può sembrare una incongruenza il fatto che un cittadino al di sotto dei diciotto anni o al di sopra dei settantacinque possa assumere incarichi decisionali e non possa partecipare in qualità di elettore.
La motivazione a quanto sopra, che in apparenza sembra una contraddizione, risiede nel concetto di eccellenza a cui mira il programma elaborato ed in particolare alla applicabilità legata ai tempi e ai modi dei principi generali. L’impostazione non è spicciola, pratica e limitativa ma, nel concetto in progress da noi proposto, comporta l’adattabilità alle situazioni concrete senza per questo cadere nel relativismo dell’ultima ora.
Il cittadino, fino ai ventuno anni ha la caratteristica della ancora immatura coscienza critica e la storia, maestra di vita, ha esemplificato come il giovane, pur riflessivo e intelligente, ha provocato la carica entusiasta del partir volontario nella prima guerra mondiale, l’adesione alle squadre fasciste, l’arruolamento per le Campagne d’Africa o con l’ARMIR in Russia,
l’adesione ai movimenti del ’68 e le sue degenerazioni di stampo terroristico e, non ultimo, uno youppismo quasi adolescenziale causa non tanto remota della crisi finanziaria attuale. La carica giovanile è certamente elemento che da sempre ha creato le premesse per il cambiamento ma una tensione ideale da condividere pienamente è accettabile e sempre auspicabile, mentre la scelta responsabile soprattutto in politica, deve essere riflessiva e critica .
Nessuno può pensare che superati i settantacinque anni, debba diventare un pensionato emarginato poiché l’esperienza mostra come la saggezza, abbinata a tante esperienze vissute in prima persona, sono state sempre il punto di riferimento non solo nelle antiche civiltà. Il nostro discorso è a questo proposito generale poiché il peso e il forte condizionamento della memoria individuale storica, il più delle volte, anche se comprensibile, è un freno a fronte della creatività e dell’innovazione.
Dobbiamo prendere atto che è insito nella natura umana, reagire, a fronte di una situazione altamente innovativa, con un rigetto che porterebbe a mettere in discussione posizioni vissute come certezze, anche per decenni.
In un programma orientato verso il futuro, pur tenendo in grande considerazione la carica quasi sensuale dei giovanissimi e il ricordo nostalgico degli anziani, non si possono includere posizioni da una parte caotiche-utopistiche e dall’altra frenanti- conservatrici ma, attraverso un pragmatismo costruttivo, considerare queste posizioni spinte che, seppur importanti, devono essere pesate marginali rispetto al nucleo della nostra elaborazione tendente all’essenziale.